Di seguito il testo della lettera che tantissimi tra organismi di mediazione e associazioni di organismi hanno sottoscritto perché ne condividono appieno il contenuto. Fra i primi 40 firmatari, Spf Mediazione.
Illustre Presidente Prof. Avv. Giuseppe Conte,
Illustre Ministro On.le Avv. Alfonso Bonafede,
con molto stupore abbiamo appreso di tre proposte di modifica del Decreto Legislativo nr. 28 del 2010 in tema di mediazione civile e commerciale contenute nello schema di disegno recante delega al governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Queste proposte sono state adottate senza alcuna approfondita analisi, sia in termini quantitativi che qualitativi, e in violazione del dispositivo contenuto al comma 1bis dell’art. 5 del citato decreto per cui il Ministro della giustizia avrebbe dovuto riferire alle Camere dal 2018 sui risultati raggiunti dal ricorso al primo incontro di mediazione. Inoltre, non vi è stato il necessario e opportuno confronto tecnico con i reali addetti ai lavori del settore: i rappresentanti dei 594 organismi di mediazione pubblici e privati accreditati presso il Ministero della giustizia e vigilati dall’Ispettorato generale del Ministero in cui operano quotidianamente da ormai dieci anni 23.837 mediatori in migliaia di sedi operative; i diversi Presidenti di Tribunale e giudici che fanno ampio ricorso alla mediazione delegata e hanno acquisito una notevole esperienza in materia; le autorità indipendenti dei settori del contenzioso interessati quali Banca d’Italia, Consob e Ivass; i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali che rappresentano i maggiori fruitori delle mediazioni commerciali (in particolare Confindustria, ABI e ANIA) e le varie rappresentanze dell’avvocatura specializzate nella mediazione e ADR (come l’Unione Nazionale Avvocati per la Mediazione e la Commissione ADR del CNF).
L’errore nel metodo ha ovviamente avuto un impatto negativo nel merito delle proposte di modifiche del D.Lgs 28/10 accompagnate nella relazione tecnica da una analisi non approfondita che liquida come “mediazione obbligatoria” l’innovativo modello italiano di mediazione diventato una best practice a livello europeo e internazionale e riconosciuta per due volte dalla Corte europea in linea con la garanzia di accesso alla giustizia.
Il modello italiano di mediazione risponde all’invito della Corte Costituzionale
In via preliminare, occorre evidenziare che la terminologia utilizzata nello schema di ddl “…ricorso obbligatorio, in via preventiva, alla mediazione…” per la sua genericità è fonte di equivoci. Da sei anni l’Italia sperimenta come condizione di procedibilità, in un circoscritto ambito pari a solo circa il 15% del contenzioso civile, la partecipazione obbligatoria esclusivamente ad un primo incontro di mediazione in cui le parti presenti assistite dai loro avvocati e coadiuvati da un mediatore professionista possono scegliere volontariamente di proseguire la procedura di mediazione ovvero in alternativa di ricorrere immediatamente in tribunale. Questo primo incontro deve essere svolto entro 30 giorni dal deposito della domanda e per la stragrande maggioranza dei casi ad un costo di soli 40 euro più IVA.
Questa procedura non può quindi essere definita superficialmente come “mediazione obbligatoria” sottintendendo una lunga attesa e costi elevati. D’altronde anche la Corte Costituzionale ha recentemente ribadito la <<consapevolezza, sempre più avvertita, che, a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera>>. Il modello italiano di mediazione gestito da organismi e mediatori professionisti risponde perfettamente all’invito della Corte Costituzionale rappresentando il giusto punto di equilibrio tra “obbligatorietà della presenza al primo incontro e volontarietà della prosecuzione”.
Gli organismi di mediazione hanno investito nell’apertura di migliaia di sedi e i mediatori in formazione secondo le disposizioni del DM 180/10
Per garantire il corretto svolgimento di questo primo incontro di mediazione, i 594 organismi di mediazione hanno affrontato ingenti investimenti nell’apertura di migliaia di sedi operative in tutto il territorio italiano accreditate e vigilate dal Ministero della giustizia e assunto migliaia di dipendenti (almeno due per organismo oltre a quelli nelle sedi operative per una stima di circa 3.000/4.000 dipendenti) oltre ad adempiere ai vari requisiti richiesti dal DM 180/2010. Nel contempo, i 23.837 mediatori per essere accreditati hanno frequentato un corso base di 50 ore e corsi di aggiornamento di 18 ore ogni due anni per mantenere l’accreditamento.
È del tutto evidente che le spese di avvio non coprono i costi degli organismi di mediazione per svolgere il primo incontro di mediazione e che di conseguenza i mediatori svolgono quasi sempre gratuitamente la loro prestazione professionale durante il primo incontro di mediazione. Inoltre, caso unico nella legislazione italiana, se le parti hanno diritto al gratuito patrocinio, il mediatore e gli organismi sono obbligati a svolgere l’intera procedura di mediazione gratuitamente senza alcun rimborso da parte dello Stato.
Oltre 140.000 accordi di mediazione conclusi
Dopo sei anni dalle modifiche introdotte dal Decreto del Fare al D.Lgs 28/10, l’esperienza quotidiana ha evidenziato l’importanza dell’incontro diretto di persona tra le parti, assistiti dai loro legali, in un luogo neutrale insieme ad un mediatore professionista. Ciò non avviene e non può avvenire né in negoziazione assistita né tantomeno durante il processo civile in cui le parti non si incontrano de visu e non vi è la presenza di un mediatore professionista terzo neutrale. D’altronde i dati parlano da soli: dal 2011 il primo incontro ha facilitato circa 140.000 accordi di conciliazione (oltre a quelli non rilevati stimati in un ulteriore 15% di accordi chiusi al di fuori della procedura di mediazione a seguito di una procedura fittiziamente negativa).
Circa l’80 percento di questi accordi ricadono nelle materie cosiddette “obbligatorie” elencate al comma 1bis dell’art. 5 del Dlgs 28/10 le cui sopravvenienze nei tribunali sono diminuite di circa il 40 percento dal 2013 (ad esclusione delle materie bancarie di cui diremo in seguito) contro una diminuzione media del contenzioso del 25 percento. La dimostrazione dell’importanza del primo incontro è poi facilmente rilevabile dal repentino aumento degli accordi da fine 2013 con l’introduzione con il Decreto del Fare del primo incontro dopo il crollo degli stessi accordi a seguito della nota sentenza della Cassazione per eccesso di delega.
Solo dopo questo necessario chiarimento è possibile commentare le tre proposte di modifica del D.Lgs. 28/2010 inserite nella riforma del processo civile che se perseguite avranno il risultato opposto a quello sperato rallentando ulteriormente la durata dei processi civili e limitando l’accesso alla risoluzione delle controversie.
Mediazioni in materia di scioglimento delle comunioni
La proposta più sorprendente riguarda le mediazioni delle controversie in materia di scioglimento delle comunioni, rientranti nell’ambito delle divisioni e successioni, che contano circa 16.000 procedure e registrano il più alto tasso di adesione e successo, che sarebbero affidate a notai e avvocati iscritti al registro dei delegati alle vendite con una procedura ancora del tutto indeterminata. Tale previsione che mette sullo stesso piano professionisti e procedure diverse denota una chiara mancanza di conoscenza della vastissima letteratura del settore della mediazione, del valore aggiunto apportato da un mediatore professionista adeguatamente formato e dell’apporto organizzativo e logistico degli organismi di mediazione. La scontata e ovvia conseguenza di tale proposta sarà un crollo degli accordi stragiudiziali in tema di scioglimento delle comunioni e un ingolfamento dei tribunali.
Mediazioni in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e di responsabilità sanitaria
Anche la seconda proposta di riportare immediatamente nei tribunali circa 60.000 contenziosi all’anno in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e di responsabilità sanitaria indica una scarsa conoscenza delle motivazioni della generale indisponibilità di banche, assicurazioni e strutture sanitarie ad aderire al primo incontro e spesso nel proseguire nella procedura. In un contenzioso di consumo, una grande organizzazione ha tutta la convenienza economica a resistere – talvolta anche in maniera temeraria – in un giudizio e attendere dopo anni la sua conclusione anche se soccombente. La soluzione quindi non è di eliminare queste materie sottraendo la possibilità ai cittadini e imprese di incontrare entro 30 giorni rappresentanti di banche, degli ospedali e delle loro assicurazioni. Al contrario, occorrerebbe vincolare le grandi aziende (come appunto banche e assicurazioni) che offrono prodotti e servizi ai consumatori ad aderire alle procedure di mediazione e ADR tramite la presenza di un funzionario a conoscenza del caso e con pieni poteri di transigere.
Queste procedure di ADR nel settore del consumo sono state previste tra l’altro nella Direttiva europea sulle ADR 2013 che l’Italia non ha adeguatamente applicato in alcune materie, in specie quelle assicurative e bancarie. L’esperienza di successo della mediazione obbligatoria dei Corecom nel contenzioso in materia di telefonia costituisce un modello da replicare in altri settori del consumo. Al contempo, sia nel contenzioso bancario che in quelle sanitario occorrerebbe introdurre la possibilità di utilizzare le perizie tecniche prodotte durante la procedura di mediazione anche nel successivo possibile giudizio.
Estensione delle materie oggetto del primo incontro di mediazione
Infine, la terza proposta di estendere il primo incontro in materia di contratto di mandato e di rapporti di mediazione è insignificante dal punto di vista numerico in quanto nel 2018 queste materie hanno registrato nei tribunali rispettivamente solo 1.067 e 1.131 nuove iscrizioni su scala nazionale. A seguito del successo concreto dei risultati della mediazione in materie del contenzioso in cui le parti in persona si incontrano e riescono a dialogare di nuovo grazie al mediatore ci si aspettava un’estensione più decisa – anche solo in via sperimentale per quattro anni – in materie simili come il contenzioso contrattuale (pari a 91.857 iscrizioni nei tribunali nel 2018), alla responsabilità extra contrattuale (38.768 iscrizioni) e alle poche migliaia di competenza del tribunale delle imprese.
Una facile proiezione dell’impatto di una simile estensione delle materie indicherebbe almeno il raddoppio a circa 40.000 accordi di conciliazione all’anno e la conseguente diminuzione immediata delle iscrizioni negli uffici dei giudici di pace e nei tribunali di circa il 30%-40% con la conseguenza della drastica diminuzione dei tempi della durata del contenzioso rimanente in tutti i gradi del giudizio. Una consistente riduzione del contenzioso civile grazie all’aumento degli accordi di conciliazione avrebbe l’ulteriore effetto positivo di liberare preziose risorse (giudici e cancellieri) a favore della gestione dei processi penali.
Mediazione e negoziazione assistita si fondano su meccanismi completamente diversi
In ultimo, una breve considerazione anche sui risultati irrilevanti dell’istituto della negoziazione assistita in ambito civile e commerciale. La negoziazione a distanza tra legali senza la presenza delle parti e di un terzo neutrale non rientra in nessuna forma di ADR. Non vi è infatti alcuna letteratura scientifica al riguardo e le sole due sperimentazioni conosciute al mondo in Italia e in Francia hanno avuto, come detto, esiti irrilevanti. Ogni esperto di ADR potrà confermare l’inutilità di rafforzare o estendere tale istituto che non potrà mai contribuire a deflazionare il contenzioso civile. Anche la Corte Costituzionale ha recentemente affermato che <<la presenza di un terzo del tutto indipendente rispetto alle parti giustifica (…) le maggiori possibilità della mediazione, rispetto alla negoziazione assistita, di conseguire le finalità di cui è preordinata>>. In ogni caso, l’eventuale implementazione di tale istituto non può in alcuna maniera essere legata alla mediazione, che si fonda su meccanismi completamente diversi.
I tre fattori di successo del modello italiano di mediazione
Siamo certi che questa brevissima analisi dimostri che l’istituto della mediazione civile e commerciale ha dato risultati positivi in Italia grazie a tre fattori strettamente interrelati:
- la previsione dell’obbligatorietà di un primo incontro di mediazione con la presenza delle parti da svolgersi entro 30 giorni e ad un costo contenuto in cui le parti in persona possono decidere volontariamente se proseguire o meno la procedura;
- l’intervento di un professionista terzo neutrale adeguatamente formato nelle tecniche di mediazione che facilita la risoluzione stragiudiziale della controversia;
- il supporto logistico e organizzativo di migliaia di sedi operative in tutto il territorio nazionale degli organismi di mediazione pubblici e privati, sotto il controllo dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, in cui vengono svolti gli incontri.
Per tutte queste ragioni, ci si augura che le tre proposte di modifica del D.Lgs 28/10 possano essere profondamente riviste e che si possa indire urgentemente un tavolo tecnico permanente con gli addetti ai lavori della mediazione per affrontare i problemi, proporre nuove soluzioni volte al rafforzamento della mediazione e monitorare i risultati.
Cordiali saluti.
La lettera è stata integralmente ripresa dal sito di pubblicazione www.mondoadr.it.