Il tentativo obbligatorio di mediazione, previsto per alcune controversie a pena di improcedibilità, si applica soltanto alle domande giudiziali poste dall’attore nei confronti del convenuto e non anche a quelle poste nei confronti di soggetti terzi intervenuti solo in un secondo momento nella causa (per effetto per esempio della chiamata in causa da parte del convenuto).
Dunque, se Tizio agisce contro Caio, per esempio con riguardo ad una lite condominiale, deve prima esperire obbligatoriamente il tentativo di mediazione. Se Caio, però, chiama in causa Sempronio, perché ritiene che sia quest’ultimo il responsabile dei fatti di lite, non dovrà a sua volta esperire la mediazione obbligatoria.
La mediazione non si estende a soggetti diversi dai “litiganti“ originari, limitandosi a riguardare la sola domanda introduttiva del giudizio.
È quanto affermato da una recente ordinanza del Tribunale di Mantova, in linea con l’interpretazione giurisprudenziale ormai prevalente.
Secondo i giudici la mediazione deve essere esperita unicamente in relazione alle domande proposte dall’attore nei confronti del convenuto ma non con riguardo alle domande proposte da quest’ultimo nei confronti di terzi in quanto:
a) una diversa soluzione comporterebbe un notevole allungamento dei tempi di definizione del processo, in contrasto con il principio di ragionevole durata dello stesso;
b) le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga al diritto di azione, sono di stretta interpretazione e non possono quindi divenire oggetto di interpretazione estensiva e analogica;
c) la legge menziona solo il convenuto quale soggetto legittimato a dedurre il difetto del previo esperimento del tentativo di conciliazione e non anche soggetti terzi. Per convenuto deve intendersi solo colui che riceve la chiamata in causa dell’attore e non anche il “terzo” chiamato.
Fonte: www.laleggepertutti.it
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