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Mediazione: sanzione per l’assente anche se vince la causa

Partecipare all’incontro di mediazione obbligatoria, fissato prima della causa, è essenziale: chi, infatti, non interviene o si limita a delegare il proprio avvocato senza essere personalmente presente subisce le sanzioni anche in caso di vittoria del successivo giudizio in tribunale. In pratica, la parte che ha disertato la mediazione deve comunque pagare la multa allo Stato nonostante il giudice le abbia dato ragione. È quanto si evince da una recente sentenza del Tribunale di Roma.

Qualora la lite verta su determinati settori del diritto, chi inizia la causa (cosiddetto attore) ha l’obbligo di tentare una conciliazione con la futura controparte processuale (cosiddetto convenuto), innanzi a uno degli organismi di mediazione con sede nel luogo ove si trova il tribunale di competenza. Quest’obbligo viene detto “condizione di procedibilità”: il che significa che se la causa viene intrapresa senza aver avviato il tentativo di conciliazione, il magistrato non può esaminare la domanda e deve necessariamente rigettarla. Si tratta di una sorta di “sanzione” per chi non ha inteso applicare la regola della mediazione, regola rivolta a ridurre il contenzioso nelle aule giudiziarie.

Diverso è il discorso per il convenuto: poiché in questo caso, egli è la parte che “subisce” la causa e che, molto probabilmente, ne farebbe volentieri a meno, la sanzione per non essersi presentato all’incontro di mediazione non può essere l’improcedibilità della domanda giudiziale (poiché ne riceverebbe un vantaggio). Così la legge stabilisce, in tale caso, l’applicazione di una sanzione economica da pagare allo Stato, una vera e propria multa.

Ebbene, con la sentenza in commento, viene specificato che tale multa scatta anche qualora il convenuto vinca la causa. E questo perché l’obbligo di partecipare alla mediazione – per non ingolfare i tribunali – prescinde dalle ragioni concrete nella diatriba con la controparte.

Le stesse regole valgono nel caso di mediazione delegata. Si definisce tale quell’invito a effettuare la mediazione che il giudice è libero di rivolgere alle parti nel corso della causa. Più che un invito, si tratta anche in questo caso di un vero e proprio ordine. E, quindi, in caso di inottemperanza, scattano le sanzioni che abbiamo appena viste, diverse per attore (improcedibilità della domanda) e convenuto (sanzione economica).

La legge stabilisce che chi non partecipa alla mediazione demandata dal giudice deve essere condannato a pagare una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio in corso. Anche se non risulta soccombente nella lite. Questa sanzione, infatti, prescinde dall’esito del processo.

Questa condanna prescinde e può aggiungersi a quella che il giudice deve applicare in caso di soccombenza della causa. Chi perde il giudizio infatti paga le spese processuali salvo alcuni rari casi. Non solo. Se il magistrato ritiene che la parte ha partecipato alla causa con dolo o colpa grave (intraprendendo così un “giudizio temerario”) deve applicare un’ulteriore e terza sanzione dovuta a titolo di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata(essa, ovviamente, presuppone la soccombenza nel giudizio).

LA SENTENZA

TRIBUNALE di ROMA SEZIONE Sez.XIII° N. RG.22951-09 REPUBBLICA ITALIANA

SENTENZA

La motivazione che segue è stata redatta ai sensi dell’art.16-bis, comma 9-octies (aggiunto dall’art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalita’ telematiche sono redatti in maniera sintetica.

Poiché già la novella di cui alla l.. 18 giugno 2009, n. 69 era intervenuta sugli artt.132 cpc e 118 att.cpc , prevedendo che la sentenza va motivata con una concisa e succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, occorre attribuire al nuovo intervento un qualche significato sostanziale, che tale non sarebbe se si ritenesse che l’innovazione ultima sia puramente ripetitiva – mero sinonimo- del concetto già precedentemente espresso.

La necessità di smaltimento dei ruoli esorbitanti e le prescrizioni di legge e regolamentari (cfr. Strasburgo 2) circa la necessità di contenere la durata della cause, impongono pertanto applicazione di uno stile motivazionale sintetico che è stile più stringente di previgente alla disposizione dell’art. 19, comma

1, lett. a, n. 2-ter, d.l.83/2015.*

-1- I Fatti

La domanda dell’attrice risulta fondata nei limiti di quanto di seguito precisato.
D.A. lamenta che avendo subito danni alla persona a causa della caduta provocata da una buca, e necessitando di un intervento chirurgico per la ricostruzione del legamento crociato ginocchio destro, vi si era sottoposta presso la Casa di Cura P.., in data 5.12.2000 con l’intervento del chirurgo prof. P.P..
Poiché non aveva trovato alcun beneficio dall’intervento che ad avviso dei specialisti prof.ri M. e prof. P. – dalla stessa attrice in momenti diversi consultati – era stato eseguito in modo imprudente ed erroneo, era stata costretta a sottoporsi ad altro intervento chirurgico in data 14.3.2001 presso Villa …
Chiedeva pertanto il risarcimento dei danni alla persona subiti nonché il ristoro delle spese erogate per gli interventi (che però, ad esclusione dell’intervento del P., neppure allegava)
I convenuti ed la terza chiamata resistevano.
Il medico contestando l’addebito di errore professionale e dichiarando di non aver mai ricevuto la messa in mora stragiudiziale di D.A..
La casa di cura contestando ogni addebito e chiedendo in caso di condanna la specificazione del riparto delle rispettive responsabilità(medico-struttura).

L’assicurazione, chiamata in causa dal chirurgo, eccepiva la prescrizione del diritto del chiamante a fare valere la polizza assicurativa; mentre il P. affermava che non aveva mai ricevuto la notificazione stragiudiziale del 9.2.2006 dell’A. in quanto prestava servizio solo “una o due volta alla settimana” presso la casa di cura….

-2- L’ordinanzadel11.2.2015dimediazionedemandatadalgiudice

Il Giudice con l’ordinanza del 11.12.2015 così provvedeva:

Si provvederà solo all’esito dell’eventuale prosieguo sulla istanza dell’assicurazione diretta a fare emergere gli atti relativi al risarcimento del danno percepito dall’attrice dall’assicurazione nell’ambito del sinistro che ha dato luogo agli interventi per cui è causa.

Ciò in quanto si ritiene che le parti ben potrebbero pervenire ad un accordo conciliativo.
Apportatore di utilità per ognuna di esse.
Ed infatti oltre all’aspetto della durata della causa – beninteso, di questa come di ogni altra – che può penalizzare, sia pure in modo diverso, ciascuno dei contendenti, incombe sempre il rischio del risultato ultimo (che non è solo la sentenza, ma gli eventuali successivi gradi di giudizio nonché, per chi spetti, in caso di non volontario adempimento, i tempi ed icosti dell’esecuzione coattiva). In definitiva l’alternativa all’accordo è che l’esito del giudizio possa, per ciascuna delle parti, essere diverso e peggiore di quello ambito circostanza questa niente affatto anomala ma insita nella natura stessa della giurisdizione.

Al contrario, allo stato odierno degli atti, con la proposta del giudice, le parti possono predeterminare i risultati del percorso, valutarne da subito la convenienza e beneficiarne degli effetti.
Nell’ipotesi che taluna delle parti non sia disponibile ad aderire all’accordo, ne dovrà essere esposto a verbale il motivo in modo specifico, in modo da consentire al giudice di regolare, con la sentenza, le posizioni delle parti secondo giustizia (che in questo caso potrebbe equivalere a sanzionare la irragionevolezza del rifiuto ed il pregiudizievole disinteresse alla trattativa traendone le debite conclusioni a mente dell’art.91 e co.III° dell’art.96 cpc nonché delle altre norme in materia di A.D.R. così come previste dalla legge e sviluppate dalla giurisprudenza, massime di questo giudice)

In particolare si formula la proposta in calce sviluppata, che è parte integrante di questa ordinanza.
Benchè la legge non preveda che la proposta formulata dal giudice ai sensi dell’art.185 bis cpc debba essere motivata (le motivazioni deiprovvedimenti sono funzionali alla loro impugnazione, e la proposta ovviamente non lo è, non avendo natura decisionale); tuttavia si indicano alcune fondamentali direttrici che potrebbero orientare le parti nella riflessione sul contenuto della proposta e nella opportunità e convenienza di farla propria, ovvero di svilupparla autonomamente.

Sotto tale ultimo profilo, vale a dire la possibilità che le parti, assistite dai rispettivi difensori, possano trarre utilità dall’ausilio, nella ricerca di un accordo, ed anche alla luce della proposta del giudice, di un mediatore professionale di un organismo che dia garanzie di professionalità e di serietà, è possibile prevedere, anche all’interno dello stesso provvedimento che contiene la proposta del giudice, un successivo percorso di mediazione demandata dal magistrato.

Alle parti si assegna termine fino alla data del 28.2.2015 per il raggiungimento di un accordo amichevole sulla base di tale proposta.
Dalla eventuale infruttuosa scadenza del suddetto termine, decorrerà quello ulteriore di gg.15 per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’art.5 del decreto; con il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vistaeconomico e fiscale (cfr. art.17 e 20 del decr.legisl.4.3.2010 n.28), della controversia in atto.

Vanno, ancora, avvertite le parti che:
a. la proposta del giudice che segue è permeata da un contenuto di equità e che oltre a ciò l’esito dell’ulteriore corso della causa, laddove mancasse l’accordo, non consente a ciascuna delle parti di considerare definitivamente stabilizzati, nel bene e nel male, i suoi contenuti;
b. ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art.5 decr.lgsl.28/’10 come modificato dal D.L.69/’13 è richiesta alle parti l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata e che la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo taluna interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa.
c. Viene infine fissata un’udienza alla quale in caso di accordo le parti potranno anche non comparire; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano state le loro posizioni al riguardo, anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai sensi degli artt.91 [1] e 96 III° cpc [2]

eproponeva

il pagamento a favore di D.A. ed a carico di P.P., Casa di Cura e spa .. Assicurazioni, della complessiva somma di €.8.000,00 di cui la metà a carico della spa Casa di Cura .. e l’altra metà a carico 50% ciascuno P. P. e spa Assicurazioni;

Oltre al pagamento, a carico delle stesse parti, delle spese di causa a favore dell’attrice per l’importo di €.4.000,00 oltre ad €.600,00 per spese oltre IVA CAP e spese generali; nonché spese di consulenza tecnica di ufficio

disponendo in mancanza di accordo la mediazione della controversia.

Alla quale mediazione partecipava ritualmente l’attore ed il P. mentre la Casa di Cura e l’Assicurazione, di cui risulta la rituale comunicazione delle convocazioni, non comparivano.

Mentre la Casa di Cura si limitava a non comparire, la spa …(assicurazione) inviava in data 18.3.2015 all’Organismo di mediazione una comunicazione, nella quale esponeva che l’ipotesi di definizione transattiva formulata dal giudice riguarda la casa di cura ed il medico e non concerne la… Assicurazioni che nel giudizio in corso ha eccepito la sussistenza della prescrizione dei diritti dell’assicurato ex art. 2952 cc.

-3- Il merito della causa

Nel merito della causa e delle censure all’operato del chirurgo operante non si può che convenire conle deduzioni dell’A.

L’intervento chirurgico da parte del prof.P. P. sulla persona dell’attrice è stato, per come impostato ed eseguito, viziato da imperizia.

Si verte, come da giurisprudenza consolidata, in ambito contrattuale e la prestazione sanitaria, che per la specializzazione del medico era esigibile con ben altra qualità, non ha raggiunto il risultato normale che era legittimo attendersi (e che di fatto a seguito del successivo intervento riparatore ad opera del prof. M. è stato conseguito)

Invero secondo la condivisibile relazione del C.T.U, dott.Carlo Maria Oddo, indagine immune da errori e vizi tecnico-logico-giuridici, e le cui precise motivazioni non hanno trovato confutazione:

Mentre il trattamento del LCA è sempre chirurgico, il trattamento del LCM conservativo con buon out-come mediante l’utilizzo di ginocchiera articolata lunga sbloccata per almeno 40 giorni. Il presidio, consentendo i movimenti di flesso- estensione, favorisce la formazione di una cicatrizzazione della lesione con “cicatrice funzionale” a buona tenuta meccanica.

Nel caso in esame aver immobilizzato il ginocchio destro avrebbe potuto causare un pregiudizio nella guarigione fisiologica del LCM che tuttavia all’atto della visita non si è rilevato significativo.

L’immobilizzazione dell’artotuttavia causava perdita di tono muscolare a livello de quadricipite femorale.

L’aver effettuato un intervento di ricostruzione del LCA su ginocchio immobilizzato da circa un mese e con apparato muscolare ipotonico costituisce la premessa di un fallimento, ovvero di un cattivo risultato.

Per tale ragione si ravvisano profili di criticità nell’operato del Dott. P. pure informato in merito alla pregressa immobilizzazione dell’arto, nell’aver programmato un intervento chirurgico, di ricostruzione di LCA, senza provvedere preventivamente al recupero del tono muscolare tramite programma di FKT.

In merito all’indicazione all’intervento chirurgico, questa è stata corretta, fermo restando che non si evince dal consenso informato il tipo di tecnica che sarebbe stata utilizzata, ovvero se con prelievo di tendine rotuleo o del semitendinoso e gracile duplicati.

Il prelievo di tendine rotuleo con bratta ossea tibiale e rotulea prevede una incisione anteriore lunga almeno 6-7 cm, e comporta spesso presenza di fastidioso dolore anteriore del ginocchio in zona donatrice che può persistere per anni o a volte per sempre.

Il prelievo dei tendini del semitendinoso e del gracile invece comporta una piccola incisione mediale in corrispondenza della zampa d’oca, lunga circa 3-4 cm, migliore esteticamente, e soprattuttonon comporta disturbi dolorosi post-operatori nella regione anteriore del ginocchio. Queste due diverse tecniche di prelievo del trapianto danno risultati funzionali pressoché identici.

Sull’esecuzione dell’intervento, effettuato dal Dott. P. in data 15/12/2000 presso la Casa di Cura .., si ravvisa un errore di posizionamento della vite di fissazione tibiale che appare essere troppo anteriore e mediale.

Ciò produceva un effetto di “impingement” con la gola femorale, impedendo la completa estensione del ginocchio e favorendo la rottura del trapianto. Questo errore costituisce pertanto il motivo della difficoltà di estensione del ginocchio e della persistenza della flessione.

 

Generalmente a termine di intervento di ricostruzione di LCA il ginocchio deve essere immobilizzato in tutore articolato, bloccato in estensione o in flessione di pochissimi gradi.

Non è possibile trarre alcuna informazione su questo aspetto poiché nella cartella clinica non vi è alcuna annotazione in proposito.

Stando alle dichiarazioni della paziente, nel post operatorio il ginocchio veniva lasciato “flesso” con il vecchio apparecchio gessato che veniva poi sostituito dal tutore due giorni dopo l’intervento.

Il posizionamento errato del ginocchio nel post-operatorio e la sua mancata protezionesollecitavano il neo-legamento e inducevano stress sulla fissazione, provocandone l’allungamento.

Dunque in questa seconda fase del trattamento sono ravvisabili profili di criticità poiché la non corretta tutela del ginocchio agiva da ulteriore elemento di pregiudizio sul trapianto già di per sé instabile per le ragioni succitate.

Non vi sono indicazioni circa la prescrizione della profilassi con antitrombotico alla dimissione della paziente.

Dalla scheda di dimissione non si evince che la prescrizione sia stata effettuata, e la paziente lo conferma.

Si evince dalla documentazione che l’antitrombotico veniva prescritto dal suo medico curante in presenza di tumefazione della gamba e dolore

La profilassi antitrombotica deve essere continuata per almeno 3 settimane dall’ intervento. Il dolore e la difficoltà nel mobilizzare il ginocchio operato (a causa del mal posizionamento dell’innesto) e la prescrizione di riposo da parte del Dott. P. (secondo le dichiarazioni della paziente) avrebbero potuto favorire, unitamente alla mancata profilassi antitrombotica, la comparsa di una TVP, tuttavia a quanto risulta dal documentale l’evento avverso non si verificava. La diagnosi formulata sia dal Prof. P.P. M. che dal Prof. P. sono corrette e condivisibili, da qui la necessità del 2° trattamento chirurgico cui lapaziente veniva sottoposta.

L’intervento effettuato dal Prof. M. migliorava la funzionalità del ginocchio. La precisa consistenza degli errori del P. sono così compendiate dal C.T.U.:

 

mancata idonea preparazione kinesiterapica del ginocchio e potenziamento muscolare preoperatorio della coscia. Questo fattore ha certamente compromesso il risultato del trapianto;

errore di posizionamento del tunnel tibiale che è risultato anteriorizzato e medializzato, causa di attrito con la gola femorale e di incompleta e difficoltosa estensione con allentamento dell’innesto;

mancata informazione del tipo di trattamento fisiokinesiterapico alla dimissione dopo l’intervento.

Poiché però a seguito della revisione chirurgica operata dal prof.M. la paziente recuperava piena funzionalità del ginocchio con limitazioni compatibili e sovrapponibili a qualsiasi esito di intervento di ricostruzione di LCA (non va dimenticato che la causa della lesione è estranea all’attività del medico), va riconosciuto alla stessa il solo danno temporaneo che si determina in gg.60 per l’ITA e in gg.60 per la ITP (in perfetto accordo con quanto esattamente valutato dal C.T.U.)

Il primo intervento chirurgico è stato quindi produttivo di una spesa inutile non avendo a fronte dell’esborso dell’A., la pazientebeneficiato di una prestazione idonea. L’inadempimento è fonte di un risarcimento pari alle somme erogate al chirurgo che ammontano ad €.4.000,00 (fattura n.918 del 18.12.2000)

Per quanto riguarda la quantificazione del danno, è nota la giurisprudenza, che si condivide, predicativa della unitarietà del danno non patrimoniale e della necessità che si evitino duplicazioni di poste, mascherate sotto nomi diversi.

E’ altrettanto nota la giurisprudenza che segnala la necessità, una volta individuato, il valore del risarcimento attribuibile con il sistema tabellare (che è quello in uso, con quelle romane, presso il tribunale capitolino), di valutare la opportunità di diminuire o aumentare l’ammontare del risarcimento in relazione alle circostanze tutte del caso, ove e nella misura che siano accertate e riconosciute, al fine della migliore quanto possibile, personalizzazione del ristoro.

Così ricostruito l’evento ed il danno conseguenza, applicate come per legge le tabelle per le micropermanenti (ed invero poiché nel caso di responsabilità medico professionale collocabile nell’ambito delle micropermanenti il risarcimento va stabilito per legge in base alle tabelle ministeriali da 1% a 9%, è logica e coerente conseguenza che identica soluzione valga per le correlative invalidità temporanee nel caso che la IP

siapari come in questo caso a zero) non risultano voci di danno non ristorate (ed invero non è stata allegata in modo circostanziato, in modo tale da poter essere la richiesta accolta almeno in via di presunzione, l’esistenza di un danno morale)

E pertanto:

-Invalidità temporanea di gg.60 (al 100%) e gg 60 (al 50%) L’ammontare del risarcimento viene così determinato:

-invalidità temporanea: €. 5.500,00

Le somme riconosciute sono la risultanza della rivalutazione alla data della decisione (secondo le tabelle aggiornate): ed invero solo attraverso il meccanismo della rivalutazione monetaria è possibile rendere effettivo il principio secondo cui il patrimonio del creditore danneggiato deve essere ricostituito per intero (quanto meno per equivalente); essendo evidente che, pur nell’ambito del vigente principio nominalistico, altro è un determinato importo di denaro disponibile oggi ed altro è il medesimo importo disponibile in un tempo passato).

A tali somme sono stati aggiunti gli interessi legali.

Infatti è doveroso riconoscere l’ ulteriore danno consistente nel mancato godimento da parte del danneggiato dell’equivalente monetario del bene perduto per tutto il tempo decorrente fra il fatto e la sua liquidazione. Ed invero devesi a tale fine fare applicazione delle presunzioni semplici in virtù delle quali non sipuò obliterare che ove il danneggiato fosse stato in possesso delle somme predette le avrebbe verosimilmente impiegate secondo i modi e le forme tipiche del piccolo risparmiatore in parte investendole nelle forme d’uso di tale categoria economica (ad esempio in azioni ed obbligazioni, in fondi, in titoli di Stato o di altro genere) ricavandone i relativi guadagni. Con tali comportamenti oltre a porre il denaro al riparo dalla svalutazione vi sarebbe stato un guadagno (che è invece mancato) che pertanto è giusto e doveroso risarcire, in via equitativa, con la attribuzione degli interessi legali.

Il calcolo di tali interessi viene effettuato in virtù della sentenza del 17.2.1995 n.1712 della Suprema Corte procedendo prima alla devalutazione delle somme alla data del fatto, importi che erano stati rivalutati alla data della sentenza; e successivamente calcolando sugli importi rivalutati anno per anno i relativi interessi legali ai tassi stabiliti per legge anno per anno, senza alcuna capitalizzazione.

In definitiva quindi all’attrice spetta complessivamente la somma di €.12.300,00 = oltre interessi legali fino al saldo al cui pagamento il medico e la casa di cura [3] convenuti vanno condannati in solido (fermo restando che nei rapporti interni la responsabilità della casa di cura va limitata al 20% a carico della casa di cura che ha comunque, pur nonessendo emersi deficit specifici a suo cario, il compito di selezionare, controllare ed adeguare costantemente la scelta dei medici che operano al suo interno, quale che sia il rapporto che intercorre fra la prima ed i secondi)

L’eccezione del P. di non aver ricevuto la notifica dell’atto stragiudiziale di messa in mora non può essere condivisa.

Se si leggono le cartoline di ricevimento postali delle raccomandate inviate alla casa di cura ed al P. dall’attrice si legge un preciso e significativo distinguo:

quanto alla notifica alla casa di cura si dà atto che la missiva è stata ricevuta da un dipendente della struttura.

Nel caso invece del prof.P. la messa in mora è stata consegnata alla SEGRETARIA del medico.

Il che ha una sua perfetta logica se si pone mente al fatto che il P. aveva un suo ufficio, cioé uno studio, all’interno della casa di cura…, come affermato e descritto dall’A. e mai smentito dal P.

Inoltre la notifica a luogo di lavoro, dove il destinatario presti servizio non necessariamente giornaliero, come nel caso del P. è del tutto legittima e regolare non essendo previsto dalla legge che la notifica debba essere prioritariamente tentata presso l’abitazione.

Ed ancora, il P. non ha neppure richiesto di provare il contrario di ciò che risulta per tabulas (vale a dire ,la ricezione della notifica), che va presunta juris tantum sulla base delle ricordate risultanze della relata di notifica postale.

Ed infine, è ragionevole ammettere che la segretaria di un noto medico e professore di una altrettanto nota e prestigiosa clinica privata (non di un ospedale pubblico nel quale purtroppo si accetta come notorio un certo livello di disordine e affrettatezza), possa aver “dimenticato” di consegnare al professore un piego a lui diretto che recava la scritta (cfr. busta verde in atti) “Corte di appello di Roma servizio notificazione atti giudiziari” ?

Non è ragionevole e non è credibile.

Ne consegue che la domanda di garanzia avverso la spa…Assicurazioni, abbondantemente prescritta, va rigettata.

-4-

Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto- della l.24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 n.55) seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

In particolare, per quanto riguarda la Casa di Cura, si tiene conto, nella determinazione dell’ammontare dei compensi, della condotta processuale censurabile tenuta dalla stessa che non ha partecipato senza alcuna ragione alla mediazione disposta dal giudiceQuanto alla spa Assicurazioni vanno compensate, pur in presenza di rigetto della domanda di garanzia oggetto della chiamata in causa del P.

Ed invero la compagnia assicuratrice che ha posto in essere una condotta processuale ingiustificata e renitente non presentandosi in mediazione nonostante l’ordine del giudice (che all’evidenza non la esonerava affatto dal partecipare alla mediazione, contrariamente da quanto apoditticamente ed erroneamente affermato dall’assicurazione nella comunicazione inviata all’organismo).

L’ordine ai sensi dell’art. 5 co. II° cpc non poteva che riguardare infatti tutte le parti e ciò: per ragioni sia formali che sostanziali.

Ed invero, come si legge nell’ordinanza l’assicurazione era direttamente coinvolta dal giudice nell’articolato percorso conciliativo [4] che prevedeva per le parti la possibilità di un accordo sulla proposta del giudice ed in mancanza la mediazione

Dal punto di vista sostanziale poi, non v’è chi non veda la gravità della condotta renitente dell’assicurazione la cui assenza è stata causa primaria del fallimento del percorso di mediazione.

Infatti, in assenza del chiamato in causa (garante) non si vede come si sarebbe potuto raggiungere un accordo valido ed efficace.

L’assicurazione, attesal’ingiustificatezza dell’assenza va condannata al pagamento di una somma pari al contributo unificato, mentre solo in virtù della mancata soccombenza non viene condannata ex art. 96 III° per una condotta sicuramente censurabile sotto il profilo della mancata ottemperanza all’ordine del giudice di partecipare alla mediazione demandata (cfr. giurisprudenza risalente sul punto, fra le tante Tribunale di Roma giudice Moriconi sentenza n. RG.59487-11 n.25218/15 del 17.12.2015 , reperibile per esteso in ogni sito web, fra i tanti vedi https://www.spfmediazione.it/2016/01/02/roma- capitale-condannata-a-e-8-000-ex-art-96-iii-co-c-p-c-per-mancata-partecipazione-alla- mediazione-ordinata-dal-giudice )

Tale distinguo (condanna al pagamento del contributo unificato ed esonero dalla condanna per responsabilità aggravata) ha una precisa ragione d’essere (formale) nella legge (art. 96 co.III cpc) che prevede e postula la soccombenza del soggetto che ha posto in essere la condotta censurabile alla stregua di tale norma.

Al contrario di quanto previsto dall’art. 8 co. IV bis del decr.lgsl.28/10 che con perfetta simmetria con la natura dell’istituto (della mediazione) ne prescinde.

La valutazione della ingiustificatezza della condotta (consistente nella mancata partecipazione alla mediazione) infatti non attiene al merito, o in altreparole, alla ragione o al torto della parte.

E men che meno è predicabile con valutazione EX POST.

E’ agevole spiegarne il motivo rimanendo alla fattispecie.

Il giudice, applicando la legge con scienza e coscienza, ha soppesato i pro ed i contro delle tesi e degli argomenti, divergenti sul punto, delle parti ed è pervenuto alla decisione di ritenere provato che il medico avesse avuto cognizione della messa in mora. Si può escludere che in appello vi sia un diverso opinamento ?

Si può escludere che venga in quella sede valorizzata la circostanza presuntiva secondo la quale un chirurgo ortopedico che riceva e abbia contezza di una messa in mora notificatagli da un avvocato, in un’epoca quale quella attuale dove le cause per

responsabilità medica sono all’ordine del giorno, verosimilmente si precipiterà a comunicarlo alla sua assicurazione, alla quale peraltro paga salatissimi premi ?

Ecco perché la spa …Assicurazioni doveva andare in mediazione.

Che ha lo scopo di porre definitivamente fine alla lite.

Per la medesima ragione è incontrovertibile che la valutazione della ingiustificatezza dell’assenza in mediazione prescinde dall’esito del giudizio e va valutata ex ante.

E de hoc satis.

La sentenza è per legge esecutiva.-

P.Q.M.

definitivamentepronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta,

così provvede:

CONDANNA, in solido, P.P. e la Casa di Cura … al pagamento in favore di D. A. della

complessiva somma di €.12.300,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo; somma che va ripartita nei rapporti interni come precisato in motivazione (80% P. e 20% Casa di Cura);

CONDANNA P. P. al pagamento delle spese di causa, che liquida in favore di D. A. per compensi in complessivi €.9.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali; oltre alla metà delle spese di consulenza di ufficio a carico definitivo del convenuto P.;

CONDANNA la Casa di Cura ….al pagamento delle spese di causa, che liquida in favore di D.A. per compensi in complessivi €.9.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali; oltre alla metà delle spese di consulenza di ufficio a carico definitivo della convenuta Casa di Cura;

CONDANNA la Casa di Cura … al pagamento ai sensi dell’art.96 co.III° in favore di D.A.della somma di €.9.000,00;

RIGETTA ogni altra domanda dell’A.;

RIGETTA la domanda di garanzia di P. P. nei confronti della spa… Assicurazioni;

COMPENSA le spese di causa fra P. P. e la spa.. Assicurazioni;

CONDANNA la spa …Assicurazioni al pagamento in favore dell’Erario di una somma

corrispondente alcontributo unificato dovuto per il giudizio, mandando alla

cancelleria per la riscossione;

SENTENZA esecutiva

Roma lì 23.6.2016 Il Giudice

 

dott.cons.Massimo Moriconi

 

 

[1] Art.91 co.1° seconda parte cpc : se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92

[2] Art.96 III° cpc: in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata

[3] Poiché nessuna parte ha eccepito sulla questione, il giudice omette di prendere provvedimenti ablativi sulla presenza di un soggetto che non doveva evidentemente essere evocato in giudizio nei termini in cui è stato fatto: si vuole dire che la Casa di Cura etc. è solo un nome senza che ad esso corrisponda una persona giuridica che evidentemente è la società che la gestisce e che doveva essere citata ma non lo è stata. Tuttavia applicando i principi della tutela della buona fede del terzo e dell’apparenza, ed atteso che nessunacontestazione, in nessuna occasione, vi è stata da parte della Casa di Cura convenuta sulla sua identificazione (quanto meno astratta) come soggetto responsabile, cioé sulla legittimazione passiva, non si ritiene che sussista ostacolo alcuno né alla condanna di tale soggetto né al definitivo carico della sentenza sull’ente (società) che tale Casa di Cura gestisce.

[4] ….il pagamento a favore di D.A.ed a carico di P.P., Casa di Cura .. e spa … Assicurazioni, della complessiva somma di €.8.000,00 di cui la metà a carico della spa Casa di Cura .. e l’altra metà a carico 50% ciascuno P. P. e spa.. Assicurazioni

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